mercoledì 2 maggio 2012

BABELE: Capitalismo Neoliberista tra Giappone e Occidente

Capitalismo Neoliberista tra Giappone e Occidente


INDICE


Introduzione


1. Fordismo e Toyotismo
1.1. Neoliberismo ed Economia dello Shock
1.2. E in Giappone?


2. A scuola dal Giappone


Conclusioni


Bibliografia




Introduzione


La convergenza sempre più marcata in materia economica e culturale tra i vari Paesi del Mondo, chiamata Globalizzazione, ha le sue radici nell'imperialismo dei secoli passati, ma solo dalla fine del XX secolo è possibile individuare in maniera intellegibile questo fenomeno.
È nel 1945, con i bombardamenti su Hiroshima e Nagasaki, la resa incondizionata Giapponese e la fine della Seconda Guerra Mondiale, che si apre una nuova Era politica economica e culturale tra gli Stati Uniti e il Paese del Sol Levante. Dopo l'olocausto atomico, il Giappone, sconfitto e umiliato si affidò alla guida del suo ex nemico: gli USA diventarono un modello.
Come ogni rapporto, anche quello tra queste due grandi potenze, anche se non paritario, ha lasciato e continua a lasciare tracce indelebili nella fisionomia di entrambi i protagonisti.
Partendo dalla teorizzazione e messa in pratica del toyotismo in Giappone, poi ripresa dagli americani e rielaborata con il nome di learn production (1), vedremo come i due Paesi abbiano sviluppato un sistema capitalista che ha forti punti di contatto soprattutto nella dottrina della Scuola di Chicago (2).
Ma i tentacoli della Globalizzazione si estendono ben più in là della sola sfera economica, infatti, vedremo come nel mondo della Cultura e più nello specifico dell'istruzione ci siano delle relazioni sempre più evidenti tra il sistema Giapponese e quello Occidentale.
Un progetto globale di omologazione che cerca e sembra trovare la via migliore di governo e sfruttamento dei Popoli di tutto il Mondo.
“La globalizzazione non è un fenomeno naturale, ma un fenomeno politico concepito per raggiungere obiettivi ben precisi.”(3)




1. Fordismo e Toyotismo


Verso la fine degli anni '40, la Toyota era una fabbrica molto piccola, minuscola confrontata ai giganti americani come la Ford. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale molte fabbriche Giapponesi cercavano di sopravvivere nel difficile contesto di quegli anni. La Toyota era una di queste: scarsi capitali, macchinari vecchi, spazi ristretti. Competere nello stesso campo delle aziende americane era impossibile, la stessa produzione di massa non era fattibile. Così, cercarono una nuova via: Tajichi Ohno, ingegnere specializzato in meccanica e direttore dello stabilimento, decise di puntare sulla produzione a breve termine e mirare così alla flessibilità del mercato dell'automobile. Nel giro di qualche decennio la Toyota, con questo sistema, riuscì a ritagliarsi sempre più fette di mercato.
Il sistema della produzione di massa americana, il cosiddetto “fordismo”, basandosi su una illimitata disponibilità del mercato, funzionò in maniera spettacolare negli Stati Uniti del Secondo Dopoguerra, dove erano le stesse fabbriche a regolare e gestire il mercato. Ma verso gli anni '70 lo shock petrolifero mise in crisi questo sistema, e le fabbriche americane si trovarono con un modello di produzione che non poteva più funzionare. Fu così che alcuni studiosi del MIT (4) elaborarono partendo dal Toyota Production System, il sistema di Learn Production. Le fabbriche americane dovettero quindi adeguare il proprio sistema al mercato per riuscire a sopravvivere.


1.1 Neoliberismo ed Economia dello Shock


Come abbiamo visto, il rapporto tra “fordismo” e “toyotismo”, o per meglio dire learn production, è abbastanza chiaro, scandito da alcuni avvenimenti determinati. Come è ovvio, se si guarda da un punto di vista più ampio, la situazione cambia. E infatti, il passaggio economico al cosiddetto neoliberismo non è chiaro per tutti i paesi coinvolti, anzi, per alcuni, come il Giappone, è difficile anche parlare di neoliberismo a causa di alcune marcate differenze.
Ma andiamo per gradi. Il Neoliberismo è una teoria economica elaborata dalla cosiddetta Scuola di Chicago, scuola di pensiero che vanta tra i maggiori esponenti Milton Friedman e George Stigler (5); essa sostiene che il ruolo dello Stato nell'economia deve essere nullo, ogni settore pubblico deve essere privatizzato. Secondo la visione più critica di Noam Chomsky: “Il neoliberismo è il paradigma economico-politico che definisce il nostro tempo: indica l’insieme delle politiche e dei processi che consentono a un gruppo relativamente ristretto di controllare il più possibile la vita sociale allo scopo di massimizzare i propri profitti”.(6)
E' all'interno di questo discorso che secondo Naomi Klein, giornalista e scrittrice canadese, si instaura la logica dell'economia dello Shock, riassunta in questa frase dello stesso Friedman: “Soltanto una crisi – reale o percepita – produce vero cambiamento. Quando quella crisi si verifica, le azioni intraprese dipendono dalle idee che circolano. Questa, io credo, è la nostra funzione principale: sviluppare alternative alle politiche esistenti, mantenerle in vita e disponibili finché il politicamente impossibile diventa politicamente inevitabile”.
Sfruttare una crisi, uno shock, per mettere in pratica dei provvedimenti che altrimenti sarebbero stati politicamente impossibili, ma soprattutto, farlo velocemente, in modo che queste azioni vengano ritenute addirittura necessarie. Seguendo il filo rosso dello shock passiamo dal Cile di Pinochet allo Sri Lanka post Tsunami, dalla Cina del 1989 al disastro dell'uragano Katrina su New Orleans, dalla guerra delle Falkland all'attacco terroristico dell'11 Settembre, e così via. In tutti questi eventi, tra loro molto differenti, secondo Naomi Klein c'è uno schema ben preciso, un comune denominatore Neoliberista che ha usato e usa queste crisi per instaurare in maniera antidemocratica il proprio sistema di sfruttamento. Un altro fattore di fondamentale importanza per capire questo fenomeno è capire chi c'è dietro. In ognuna delle reazioni a queste crisi c'è sempre stato almeno un Chicago Boy, un economista della scuola di Chicago: a volte dietro le quinte, come per Friedman ai tempi di Pinochet in Cile, a volte come protagonisti come nel caso dell'amministrazione Bush Junior sia per la guerra in Iraq che per l'uragano Katrina. E' facile poi controllare le aziende private che hanno avuto manforte dopo questi disastri, e vedere come ci siano delle evidenti corrispondenze tra coloro che hanno portato avanti quella politica e gli azionisti o, addirittura, gli amministratori di quelle stesse aziende.


1.2. E in Giappone?


Con circa 200 vulcani, di cui più di 50 attivi nel solo arcipelago, il Giappone è uno dei luoghi più attivi del Pianeta. Se a questo si aggiunge la collocazione geografica posta su due falde della crosta terrestre che si sovrappongono, che rende quell'area a fortissimo rischio sismico, e i continui terremoti e tsunami che ne derivano ,si ha un quadro, assai parziale, di quello che può voler dire abitare in Giappone. “Secoli di catastrofi naturali hanno fatto dei giapponesi quel che oggi sono: un popolo obbediente, tenace e disciplinato che si assoggetta a una rigida organizzazione sociale perché la ritiene vitale.” (7)
In Giappone il Neoliberismo per venire applicato non ha alcun bisogno di attendere o creare una crisi, uno shock, il popolo Giapponese è costantemente sotto l'effetto di straniamento e di paura. Si spiega quindi come il Giappone possa essere considerato dai neoliberisti un campo di sperimentazione naturale. “La disponibilità a vivere in un clima di emergenza è stata sfruttata politicamente con la continua richiesta di sacrifici, a volte anche eccezionali. Fino al 1945 c'era l'emergenza della guerra, poi quella della sconfitta. All'inizio degli anni '70 c'era lo shock del petrolio; oggi c'è quello della guerra commerciale a mantenere in riga la gente.” ( 8 )
Si può parlare di un vero e proprio Sistema Giappone che funziona dalle origini della sua storia, aiutato dall'isolamento dell'arcipelago sino all'era moderna, ha forgiato una popolazione che mantiene il suo particolarismo anche in questi tempi globalizzati. Non dovendo soffermarsi nell'attendere una situazione di Crisi, il Giappone neoliberista può concentrarsi a pieno nell'attuare il suo programma, con una deregulation che abbraccia sempre più tutti i settori, con l'aumento della disoccupazione per favorire la mobilità interaziendale e la cancellazione delle poche misure di ammortizzazione sociali. Dal punto di vista economico, nel suo particolarismo, il Giappone non si distingue affatto dagli altri Paesi Neoliberisti: l'aumento della disuguaglianza fra i ricchi e i poveri, il deterioramento irreversibile del Pianeta e delle sue risorse naturali non rinnovabili, l'instaurazione dilagante di politiche antidemocratiche.


2. A scuola dal Giappone


Quando nel 1945 gli americani occuparono il Giappone, furono molto colpiti e intimoriti dal loro sistema scolastico: un fattore fondamentale della diffusione dell'ideologia nazionalista e autoritaria. Decisero quindi di riformare il sistema, cercando di democratizzarlo. Ma non appena l'occupazione ebbe termine, nel 1952, i Giapponesi instaurarono nuovamente il loro vecchio sistema scolastico. Il seme era stato piantato, ma non sull'arcipelago: infatti non ci volle poi molto affinché in Occidente si sviluppasse un discorso molto simile a quello Giapponese.
Le scuole come fabbriche che devono formare i migliori alunni-prodotti, che siano immediatamente spendibili sul mercato del lavoro. È questa la logica della scuola Giapponese ripresa poi in tutto l'Occidente dalle spinte Neoliberiste.
Sin da subito il bambino-studente Giapponese, per avere un buon lavoro in futuro, deve accedere alle migliori scuole, passare i test in modo da continuare il suo percorso nei poli d'eccellenza, e così via sino all'università: un ponte automatico per il mondo del lavoro. Il senso critico, l'iniziativa personale sono estremamente disincentivati, lo studente deve imparare ad essere un bravo soldato e saper rispondere bene ai test. Entrare in una buona scuola è così importante che una delle attività private di maggior successo sono le scuole di preparazione per i test. Esse si distinguono per qualità in base al numero di studenti che riescono a passare i test selezionatori e ovviamente sono a numero chiuso, così si arriva a degli assurdi in cui esistono delle scuole che preparano i giovani studenti per passare i test alle scuole di preparazione. Un circolo vizioso senza fine che fa sborsare ai genitori Giapponesi tantissimi soldi, nella speranza che il loro figlio riesca a entrare in una delle migliori Università del Paese. Automaticamente, in base all'Ateneo frequentato dall'alunno, si conosce già il tipo di lavoro che questi andrà a svolgere. Ciò porta ad una pressione e una continua tensione che gli studenti devono sopportare per tutta la durata dello studio. Non a caso una percentuale consistente dei suicidi in Giappone si registra proprio nella fase giovanile.
Gli Occidentali hanno appreso molto bene l'insegnamento Giapponese, e le ondate di riforme di stampo neoliberista nella scuola stanno portando la maggior parte dei Paesi ad avere un sistema molto simile a quello del Paese del Sol Levante. Il concetto di studente-prodotto è ormai connaturato anche nel sistema Occidentale e l'entrata delle aziende private all'interno delle Università sta chiudendo il cerchio che trasformerà definitivamente gli Atenei in fabbriche. Il divario già enorme tra studenti ricchi e poveri si sta ampliando in maniera esponenziale: i poli di eccellenza europei hanno ormai rette annuali da capogiro che solo una piccola percentuale di famiglie può permettersi. Nelle Università inglesi si stima che uno studente finisca gli studi in media con un debito di quasi diecimila sterline. Tutto ciò sta portando a un inesorabile processo elitario dell'istruzione superiore, attivamente e strenuamente combattuto dagli studenti e i docenti di tutti il Mondo.


Conclusioni


Anche in Giappone, come nel resto del mondo Neoliberista, è arrivato quel vento di protesta che sta coinvolgendo giovani studenti e lavoratori di ogni età. Il 15 Ottobre 2011, in concomitanza con altre 952 città, in oltre 82 Paesi, a Tokyo hanno manifestato circa 200 persone, un numero infinitesimale che non avrebbe mai fatto notizia se non fosse stato accompagnato da altre proteste in tutto il mondo. Ma è un inizio, forse dettato soprattutto dalla disperazione e rabbia dopo il disastro di Fukushima, ma pur sempre un inizio. Non ci resta che attendere e vedere se sia stato solo un fuoco di paglia, oppure se anche in questo bellissimo e diverso Paese sia possibile far partire una contestazione dal basso che cambi una situazione che sembra oramai immutabile.


“Non ci sono più ragioni oggi che in alcun altro periodo storico per credere che siamo vincolati da misteriose ed immutabili regole sociali anziché dalle decisioni prese nel contesto di istituzioni sotto il controllo del volere umano istituzioni umane che devono soddisfare un criterio di legittimità, e se non lo soddisfano, possono venire rimpiazzate da altre istituzioni più libere e più giuste, come è avvenuto innumerevoli volte in passato.” (9)




Note
(1) Letteralmente “produzione snella”, il nome della dottrina elaborata dal MIT partendo dal toyotismo Giapponese
(2) Scuola economica Neoliberista teorizzata nell'Università di Chicago tra gli altri da Milton Friedman
(3) Due ore di lucidità. Conversazioni con Noam Chomsky Capitalismo Neoliberista tra Giappone e Occidente
(4) Massachusetts Institute of Technology
(5) Entrambi premi Nobel per l'economia: Friedman nel 1976, Stigler nel 1982
(6) Chomsky N., Sulla pelle viva. Mercato globale o movimento globale?
(7-8 ) In Asia, T.Terzani
(9) Democrazia di Mercato in un Ordine Neoliberista: Dottrine e Realtà. Davie Lecture, Università di Città del Capo, Maggio 1997, Noam Chomsky Capitalismo Neoliberista tra Giappone e Occidente


Bibliografia


T. Terzani, In Asia, TEA, Milano, 2006
F. Mazzei e V. Volpi, Asia al Centro, Università Bocconi editore, Milano, 2006
N. Klein, Shock Economy, Rizzoli, Milano, 2007
A. Callinicos, Università in un mondo Neoliberista, Aracne editrice, Roma, 2009
N. Chomsky, Due ore di lucidità, Baldini Castoldi Dalai, Milano 2007
N. Chomsky, Sulla pelle viva. Mercato globale o movimento globale?, Marco Tropea Editore, Milano, 1999
N. Chomsky, Democrazia di Mercato in un Ordine Neoliberista: Dottrine e Realtà
Davie Lecture, Università di Città del Capo, Maggio 1997, dal sito: http://www.tmcrew.org/archiviochomsky/davie.html


2 commenti:

Camilla Fois ha detto...

Finalmente riesco a commentare! Avevo l'account bloccato da una settimana!

Bellissima analisi, con cui sono particolarmente d'accordo. Secondo me è assolutamente da leggere, anche solo per farsi un'idea di una visione non convenzionale sull'argomento.

StefanoPau ha detto...

Consiglio a tutti di non farsi spaventare dal titolo. Un'analisi attenta e piacevole da leggere, che tratta sia di economia sia di altri temi interessantissimi