lunedì 15 ottobre 2012

Leggendone: Lotta di Classe


"Chi ha detto che il tempo è denaro? Un filosofo, un banchiere o un orologiaio? Perché se è vero che il tempo è denaro, il nostro tempo deve essere denaro di qualcun altro...” 



Il primo libro di cui vorrei consigliarvi la lettura si intitola “Lotta di classe” di Ascanio Celestini, edito da Einaudi nel 2009. Il libro rappresenta l’ultimo atto di un lungo lavoro di indagine e ricerca sociale che Celestini compie tra i lavoratori di uno dei call center più grandi d’Italia, l’Atesia, che si trova nella zona di Cinecittà a Roma. Questo call center può essere considerato come uno dei nuovi luoghi simbolo del lavoro precario e atipico in Italia, così come le fabbriche della Fiat divennero il simbolo del lavoro subordinato e alienante durante l’epoca fordista. Infatti l’Atesia, mentre da un lato ha registrato da quando esiste una crescita costante per dimensioni e fatturato (solo nel 2004 ha prodotto un giro d’affari per 4.300 milioni di euro), dall’altro lato ha ottenuto questo successo anche grazie al massiccio utilizzo di forme contrattuali flessibili che sono devastanti per i lavoratori, i famigerati contratti a progetto. A causa di questi contratti i lavoratori sono infatti costretti a ricevere contributi inferiori al 20% della retribuzione, pagati in parte dal netto del lavoratore, e non hanno nessuna garanzia su ferie, maternità e malattia. Nel 2005 per cercare di migliorare questa situazione i lavoratori si riunirono e crearono il collettivo precariAtesia, ottenendo un anno dopo l’arrivo dei giudici provinciali del lavoro per un’ispezione che decretò l’incompatibilità del contratto a progetto con il lavoro nei call-center, e l’obbligo di immediata conversione dei rapporti di collaborazione in contratti di lavoro a tempo indeterminato. Tutto ciò significò per i lavoratori non solo stabilità, ma anche una retribuzione in media superiore almeno al 30% di quella di un Co.Co.Pro., ed inoltre il diritto al rimborso di tutto il pregresso sia in termini contributivi che retributivi. Proprio quando sembrò che tutto si stesse risolvendo per il meglio intervenne il governo di Centro-Sinistra, che con l’art.78 della finanziaria 2007 diede facoltà alle aziende di proporre ai dipendenti l’assunzione a tempo indeterminato, con un contratto adeguato alle mansioni esplicate, in cambio della firma di un atto conciliativo, con cui il lavoratore rinuncia a rivalersi legalmente sul passato in termini “retributivi, contributivi e risarcitori”. I lavoratori vennero dunque stabilizzati, ma costretti a lavorare part-time e non full-time per 550 euro al mese, e in più ad Atesia si ri-iniziò a lavorare a progetto. Inoltre, i lavoratori del Collettivo furono denunciati per manifestazioni non autorizzate e non riassunti dall’azienda. 
Ascanio Celestini incontra per la prima volta questi lavoratori nel Maggio 2005, e inizia ad ascoltare le storie che ognuno di loro ha da raccontare; storie non solo di lavoro precario ma anche di vita precaria. Ne nascono nel corso degli anni uno spettacolo teatrale, “Appunti per un film sulla lotta di classe”, in cui l’autore sceglie di non affrontare direttamente la vicenda, ma di inventare delle storie che avevano come sfondo comune il tema del precariato; un documentario-inchiesta, “Parole sante”, i cui protagonisti sono i racconti degli stessi lavoratori del call center Atesia; un disco, in cui vengono incise tutte le musiche utilizzate nello spettacolo; infine il libro “Lotta di classe”. 
Anche il libro non affronta direttamente la vicenda, ma la si trova sullo sfondo delle quattro storie presenti, che ci vengono raccontate dagli stessi diretti protagonisti. La prima storia è quella di Salvatore, il personaggio forse più positivo, che studia per sfuggire alla precarietà che ha già attanagliato suo fratello; la seconda storia è quella di Marinella, lavoratrice in un call center che riesce a fare carriera dentro l’azienda ma ne viene poi stritolata perché non è in grado di seguirne le regole; la terza è quella di Nicola, anche lui lavoratore del call center che passa la sua vita a cronometrare il tempo in due e minuti e quaranta secondi, la durata massima che deve avere una chiamata perché il lavoratore possa ottenere il salario massimo (85 centesimi); infine la storia della signorina Patrizia, costretta a fare dieci lavori tutti precari, e con il pensiero che ci vogliano altre nove Patrizie per correre dietro a tutti questi lavori. Oltre a queste quattro storie, Celestini, attraverso una struttura narrativa fatta di intrecci e digressioni, inserisce altre piccole storie di gente comune e popolare, di cui racconta in maniera lucida e disicantata vizi e debolezze. Queste storie ci vengono raccontate con uno stile spiazzante e poetico, quasi lirico in alcuni passaggi, permettendoci di cogliere con immediatezza l’assurdità di una vita dominata da una precarietà che non è solo lavorativa ma abbraccia ormai ogni aspetto della nostra vita. Un libro che Celestini scrive con la speranza che le persone possano prendere consapevolezza della loro condizione precaria, che ci costringere a vivere come Marinella che “piscia in corsa come i ciclisti al giro d’Italia”, o come Nicola, che lavora sentendo perennemente il ticchettio di una “bomba ad orologeria” che rischia di esplodere ogni tre mesi. Una condizione assurda e umiliante, da cui è possibile uscire solo ri-iniziando una “lotta di classe”.




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