giovedì 28 febbraio 2013

Leggendone: Rabbia


Gli storici non lo chiamano forse “Oblio”, il luogo senza luogo, dove il tempo non scorre? Il luogo fuori dal tempo?


Oggi vi voglio parlare di ‘Rabbia’ (Rant), un romanzo dello scrittore statunitense Chuck Palahniuk, pubblicato nel 2007.
Rabbia è una biografia orale che parla di Buster "Rant" Casey attraverso i racconti di amici, nemici, ammiratori, membri della comunità in cui è nato (venditori d’auto, medici, negozianti, insegnanti, imprenditori ecc…), familiari o semplici persone che lo incontrano per la prima volta. Le diverse voci narranti raccontano i loro ricordi, spesso contrastanti, legati a Rant e alla sua vita; è proprio partendo dai punti di vista della gente che lo ha incontrato che lo scrittore disegna pian piano il profilo e il carattere di Rant, nonostante il nostro protagonista non compaia mai direttamente all'interno della storia. Rant è figlio della noiosa e patetica provincia americana, un ragazzo ‘particolare’ fin da bambino, che si diletta a farsi mordere da insetti, ragni e serpenti fino a diventare totalmente immune ad ogni veleno e portatore del virus della ‘rabbia’. Un personaggio malvagio ma simpatico, furbo e sveglio, che affascina nel suo saper riconoscere tutto quello che le ragazze mangiano semplicemente ‘assaggiandole’, e morto in circostanze misteriose che hanno fatto di lui una leggenda.
L'autore del libro, Chuck Palahniuk
Il punto di svolta del romanzo avviene quando migrerà dalla cittadina in cui è nato verso la città, dove incontrerà i "notturni", ragazzi che vivono solo di notte per organizzare i cosiddetti party crashing, scontri automobilistici all’ultimo sangue, di cui diventerà in poco tempo il leader. Ed è proprio durante una delle solite cacce notturne che Rant incontrerà la morte.
La lettura di questo romanzo vi trascinerà totalmente; lo stile è sempre quello di Palahniuk: crudo, diretto, ironico e sarcastico. Vi affezionerete a Rant, nonostante i suoi difetti, e vi immedesimerete in lui, nel suo desiderio di evasione e diversità. Personalmente, nonostante tutto il libro sia meravigliosamente una scoperta paragrafo dopo paragrafo, i capitoli che ho trovato più eclatanti sono quello della ‘Fatina dei denti’e della ‘Serata “Albero”’. Sta a voi ora dirmi che ne pensate…per cui…Buona Lettura!


E voialtri sfigati, be’…godetevi pure la vostra morte.





lunedì 25 febbraio 2013

UOLCMEN: Om "Advaitic Songs"- il suono dell'anima


Aum Trayambakam Yajamahe
Sugandhim Pushtivardhanam
Urva Rukamiva Bandhanaan
Mrityor Mokshiye Maamritat
(“Addis” Om)

Ho aspettato per scrivere questa recensione, temevo che questo album fosse un fuoco di paglia, temevo di essermi fatta prendere dall'entusiasmo o di essere poco obiettiva. A circa otto mesi dall'uscita penso che siano state futili paure, perché “Advaitic Songs” degli Om è l'album migliore uscito nel 2012, secondo il mio modestissimo parere. L'album in questione è un capolavoro, e non lo dico a cuor leggero, dal momento che è preceduto da lavori del calibro di “Pilgrimage”, ma “Advaitic Songs”ha una marcia in più: va oltre, esce dagli schemi. Gli Om sono un gruppo particolare, che nasce nel 2003, composto dal bassista Al Cisneros e dal batterista Chris Hakius, precedentemente tra le fila degli Sleep, leggenda dello Stoner-Doom. I musicisti in questione potevano benissimo portare avanti il discorso iniziato col gruppo precedente e questo gli avrebbe assicurato successo e pubblico, ma non è andata così, perché in loro risiede il fuoco dell'arte, e con gli Om consacrano la loro maestria in un incontro perfetto tra musica (stoner\doom, anche se è una definizione parecchio riduttiva), filosofia,spiritualità e religione (sopratutto orientale, e maggiormente induista). I primi album sono ancorati al precedente percorso, pur tracciando una strada nuova ma ancora grezza. Album dopo album si sono evoluti verso un nuovo modo di concepire questo genere, intenso di per sé, ma in loro estremizzato intimamente, fino ad arrivare a un punto di incontro tra umano e divino. Nel 2008 Hakius lascia la band e viene sostituito da Emil Amos, e con una line-up stabilizzata continuano il loro percorso, senza sbagliare un colpo.
Nel 2012 arriva “Advaitic Songs”, e la ricerca musicale arriva ad uno “stato di non-ritorno”, tanto per citarli; abbiamo a nostra disposizione 43 minuti e 50 secondi di pura spiritualità e architettura sonora di prim'ordine. Il basso di Al è ipnotico, preciso, magico; Emil scandisce ogni canzone come se avesse tra le mani un gong rituale e intensifica l'atmosfera rarefatta dagli archi (una delle novità scelte dalla band). L'incedere è lento, cantilenante e con poco spazio per gli elementi elettrici, in realtà si sente un po' distorsione solo nel singolo “State of Non-Return”, l'unica traccia che ha una vera e propria forma-canzone.
Continuano ad essere definiti Stoner\Doom, e già le definizioni non mi piacciono, ma qua hanno davvero poco senso: gli Om sono padri di un genere che trascende i generi, che li libra in una dimensione in cui l'unica cosa che conta è l'unione col Tutto, è divenire parte di quell'unico suono che scaturisce dalla vibrazione dell'Universo, è elevarsi oltre la carne. Già dall'inizio si intuisce la direzione che prende quest'opera, l'opener “Addis” è la messa in musica del Maha Mrityunjaya Mantra, mantra della Grande Liberazione (dai cicli della reincarnazione), interpretata magistralmente da una voce femminile. Dopo il singolo, che è la canzone più diretta dell'album, prende forma “Gethsemane” in cui ogni nota e ogni strumento si fondono per formare una trama perfetta e intrigante che continua il discorso dei brani precedenti con circa 12 minuti di morbido tappeto sonoro perfetto per la meditazione e la voce di Al che culla il tema principale e recita più che cantare i versi del brano. Segue “Sinai” che è il brano più d'atmosfera e trascinante, con una ritmica coinvolgente e la linea di basso appena accennata che accompagna perfettamente gli archi. Nella chiusura ci accoglie “Haqq Al-Yaqin” rarefatta melodia, voce ipnotica e giusta conclusione di quello che più che un album è una vera e propria esperienza mistica.
A parole è difficile definire il sentimento diffuso in questo lavoro, per questo motivo vi invito ad ascoltarlo, sia per capire appieno le mie parole e anche perché penso che tutti debbano fare esperienza di quella che definisco musica dell'anima.
Namasté.


lunedì 18 febbraio 2013

24effepiesse: Synecdoche, New York


Scrivere una recensione di un film senza sapere ancora se quel film ti è piaciuto o meno è una cosa difficilissima. Infatti, alla domanda secca: “Ti è piaciuto?” non so rispondere, perché mi vengono in mente motivazioni totalmente contrastanti.

Synecdoche, New York è scritto da Charlie Kaufman, lo stesso sceneggiatore di bellissimi film quali Il ladro di orchidee, Eternal Sunshine of the Spotless Mind (vedi la recensione by kenemèri http://kenemeri.blogspot.it/2013/01/24effepiesse-eternal-sunshine-of.html ), Essere John Malkovich, eccetera, alla sua prima prova anche da regista. La firma indiscussa di questo talentuoso autore sono delle storie intricate e folli che scavano in profondità verso particolari aspetti della vita umana: il ricordo, la formazione e costruzione delle idee, l'autostima. Le trame sono quasi orpelli bellissimi costruiti sopra delle fondamenta di introspezione e autoanalisi.

Synecdoche, New York racconta la storia di un autore e regista teatrale, uno spettacolare Philip Seymour Hoffman, e della sua vita che gli si sgretola in mano. Un'ipocondria esagerata e la sua grande e smisurata Opera teatrale sono tutto ciò che gli rimane in una spirale autodistruttiva a senso unico.

Synecdoche è un film volutamente lento, è come una graduale discesa all'interno della vita di un uomo, con le giuste pause e le burrascose cadute. La Sineddoche, la figura retorica che indica una parte per il tutto: un'opera teatrale che soppianta la vita stessa, in un gioco/delirio di sostituzione e sdoppiamento surreali.

Una cosa è certa: questo film non può lasciare indifferenti. Non c'è speranza, non c'è via d'uscita, Synecdoche è un film di una tristezza unica.

Nomi o cognomi, città o espressioni hanno durante il film rifermenti non sempre nascosti. Ad esempio la città in cui è ambientata la storia, Shenectady, ha praticamente la stessa pronuncia del titolo del film. Lo stesso nome del protagonista Caden Cotard riprende il nome della sindrome di Cotard, una sindrome psichiatrica caratterizzata dalla convinzione illusoria di essere "morti", di avere perso tutti gli organi vitali o tutto il proprio sangue.
Il film, uscito nel 2009, in Italia non è ancora stato distribuito, ma poco male: si trovano senza fatica i sottotitoli per gustarsi appieno questo delirante lungometraggio.

Concludo riportando un interessante stralcio di intervista da parte di Wired a Kaufman:
Adaptation (Il ladro di orchidee) o Eternal Sunshine of the Spotless Mind (Se mi lasci ti cancello) avevano, alla fine, una valvola di salvataggio, un concetto intelligente che la gente capiva. Non c’è nulla del genere in questo film, cosa che è più simile alla vita. Le cose volano via e vanno fuori di testa e l’essere incomprensibile sembra il processo dell’esistenza. Questo è quello che mi sono proposto di esplorare. Non so. Forse non è una buona idea per un film.






giovedì 14 febbraio 2013

UOLCMEN: Playlist 7: Un addio con tanto Ammmmmore!

Questa è l'ultima playlist. L'argomento è l'amore (a tema con la festa di San Valentino) e non l'ho stilata da sola, ma con l'aiuto di amici e parenti che mi hanno consigliato qualche brano sull'argomento. Insomma, volevo chiudere la rubrica con un po' di dolcezza.
Ma non è così semplice come sembra, non c’è nessuna canzoncina scontata: ho infatti deciso di scegliere le canzoni che sono state in grado di descrivere meglio di ogni altra le emozioni che si provano durante i momenti più importanti di una storia d’amore (nascita, attrazione, conquista, amore incondizionato e fine). Insomma, tutti i gradi dell'amore espressi in musica e, come al solito, non c'è alcuna pretesa se non quella di lasciare che siano le note ad essere le vere protagoniste dello scritto. 
L'infatuazione è forse il più felice momento dell'amore, sia per l'intensità delle emozioni che per la spensieratezza con cui si affronta il tutto. Trovo che a per rappresentare meravigliosamente questo momento sia adattissima "Summer Nights" dall'OST di Grease: semplice, ben cantata e, soprattutto, leggera come un alito di vento. Ma dal momento che anche l'innamoramento non è immune da qualche intoppo, scelgo anche una canzone più profonda e riflessiva, ovvero "Have you ever seen the rain?" dei Creedence Clearwater Revival, gruppo che adoro e che fa una grande compagnia se si è assaliti da dubbi atroci. Ma quando ci sono sentimenti di mezzo i dubbi o gli impedimenti durano poco e anche l'orgoglio, acerrimo nemico dell'amore, non può ostacolare a lungo l'unione dei due protagonisti della nostra storia. Il momento della rivelazione e della scoperta è universalmente accompagnato da "Your hands are cold" dell'OST di Pride & Prejudice: cosa c'è, infatti, più romantico di Elizabeth e Darcy? Probabilmente niente!
Ora i sentimenti sono combattuti, da un lato non ci si vuole abbandonare troppo per paura di soffrire ma dall’altro si cerca di non mostrare troppo poco trasporto e, diciamo la verità, l'inizio di una storia è la fase più ridicola, quante pazzie si fanno in nome dell'ebbrezza che accompagna tale momento? Tutto questo è ottimamente riassunto dalla bellissima "Stranizza d'Amuri" di Franco Battiato. Durante questa fase, però, tra i due innamorati potrebbe apparire anche un atteggiamento possessivo, che ho voluto esprimere con "For You" dei My Dying Bride, canzone forse troppo triste per questo momento della storia, ma abbastanza indicata per esprimere l'inquietudine che porta l'incertezza.
Tra l'ossessività e il trasporto fisico trova spazio anche la leggerezza, espressa in "Better Togheter" di Jack Johnson: esile, chiaro e sereno.
Ma la relazione esige anche un certo coinvolgimento fisico, non trascurabile musicalmente parlando e (qui ho deciso di scherzare un po') ho pensato che fosse molto indicata "You can Leave Your Hat on" di Joe Cocker. Immediatamente il pensiero va alla scena clou di Nove Settimane e 1\2. Che la seduzione abbia inizio. Sulla stessa linea compare "Time of my Life" di Dirty Dancing, passionale e decisa, perché nessuno può mettere Baby in un angolo! L'amore tra i due è sempre più acceso, "My Wild Love" dei Doors è una litania volta alla consacrazione dell'incontro più intimo ormai compiuto. La storia vera e propria ha inizio e, come vuole la tradizione, è un mix di passione e coinvolgenti sentimenti. Quindi scelgo la disperazione di "Love Like Blood" dei Killing Joke, seguita dal romanticismo di "I can't Help Falling in Love (With You)" di Elvis, poi ancora "Amour" dei Rammstein e "Always" dei Bon Jovi ( negli anni '90 un inno alla sdolcinatezza, pur non immune dalla disgrazia, leggete il testo). Insomma, un susseguirsi di note che esprime cose tanto diverse quanto conciliabili. Prima della fine, o anche in assenza di essa, uno dei due deve per forza avere dei dubbi e ho sempre trovato che "If you leave me now" dei Chicago fosse un'ottima rappresentazione di questo. Ma questa storia, purtroppo, deve avere una fine, anzi più di una. Ho individuato qualche possibile finale, niente di direttamente collegato ai testi, ma più un feeling particolare con la musica. La colonna sonora della rottura per volere di uno dei due è "Free Bird" dei Lynyrd Skynyrd, desiderio di libertà e fine di un amore, ci sta. Inoltre mi è stato fatto giustamente notare che una storia alla fine non può prescindere da "Quattro stracci" del maestro Francesco Guccini, e non posso essere più d'accordo, il testo è abbastanza esplicito. Ma una storia non deve finire per forza a causa delle persone coinvolte, può succedere anche per motivi imprevedibili e allora beccatevi "Last Goodbye" dello sfortunato Jeff Buckley e "Where the wild roses grow" di Nick Cave feat. Kylie Minogue.

Suvvia, non affliggetevi, la fine non è necessaria. Se siete romantici potete tranquillamente fermarvi a Bon Jovi, se invece siete catastrofici, queste ultime due perle sono imperdibili.
Mi è costato arrivare fino a qui perché io sono romantica, perbacco, perciò torno indietro e ascolto in modalità repeat "Always".

Qui la playlist:



lunedì 11 febbraio 2013

Leggendone: Luther Blisset, Q



Omnia sunt Communia”

Ieri ho domandato a un pargolo di cinque anni chi fosse Gesù. Sapete cosa ha risposto? Una statua.”


Il libro di cui vi voglio parlare oggi è, a mio modesto parere, uno dei più bei romanzi mai pubblicati da vent’anni a questa parte: “Q”, scritto dalla colonna bolognese del Luther Blisset Project e pubblicato nella primavera del 1999. Il romanzo rappresenta l’ultimo atto del “piano quinquennale” elaborato da un insieme di scrittori, artisti e agitatori culturali provenienti da tutta Europa, di cui gli autori del romanzo rappresentano soltanto una minima parte (“meno dello 0,04%”, come dichiararono ad un intervista a Repubblica del 6 marzo 1999 gli autori dell’opera che, come si scoprì più avanti, rispondono ai nomi di Roberto Bui, Giovanni Cattabriga, Federico Guglielmi e Luca Di Meo, che successivamente formeranno il collettivo di scrittori denominato Wu Ming). In cosa consiste tale progetto? Esso ebbe inizio nell’estate del 1994 e ne facevano parte più di un centinaio di persone provenienti da 32 paesi, il cui obiettivo prefissato era quello di “mandare in crisi” le verità e i dogmatismi consolidati dell’industria culturale mainstream, attraverso beffe mediatiche e raggiri tecnologici che poi il Luther Blisset Project rivendicava puntualmente, spiegando quali difetti del sistema mediatico avevano sfruttato per far pubblicare o trasmettere notizie false.
In Italia l’episodio forse più famoso risale al 1997, quando venne sfruttato in modo geniale il panico morale sulle messe nere e il satanismo. Ad un certo punto, nei boschi del viterbese, apparirono improvvisamente dei Cultori del Demonio e dei "cacciatori di streghe" cristiani, che lasciavano tracce (fisiche, audiovisive e "letterarie") dei loro scontri e inseguimenti. I media locali e nazionali, senza controllare minimamente la veridicità della notizia, diedero ampio risalto mediatico al fenomeno e, addirittura, Studio Aperto trasmise il video di un - alquanto abborracciato - rito satanico. Anche alcuni uomini politici non esitarono ad intervenire sulla questione, strumentalizzando per i propri fini la paranoia di massa causata dal fenomeno. La questione si concluse quando i Luther Blisset Project dimostrarono pubblicamente, attraverso una grande mole di prove, l’infondatezza della questione. La notizia della beffa venne data al TG1 delle 20, e rimbalzò su tutta la stampa nazionale, mettendo in luce la scarsa professionalità di molti cronisti e l'infondatezza del panico morale.


Il progetto, secondo una deliberata scelta degli stessi membri e creatori (seguendo una massima di Cary Grant: “meglio andarsene un minuto prima, lasciando le persone con la voglia, che un minuto dopo, avendole annoiate”), si concluse nel dicembre del 1999, quando tutti i "veterani" commisero un suicidio simbolico chiamato "Seppuku" (come il suicidio rituale dei samurai). Il romanzo “Q” risulta essere il lascito finale di questo progetto, uno splendido romanzo storico ambientato in Europa tra il 1517 (anno in cui Martin Lutero emanò le 95 “tesi” contro le indulgenze papali) e il 1555, anno in cui divenne papa, con il nome di Paolo VI, Giovanni Pietro Carafa, tra i massimi difensori della Chiesa Romana contro qualunque movimento eretico che si proponeva di riformare o addirittura rivoluzionare il clero cristiano (a lui si deve, tra i tanti atti, l’emanazione nel 1559 dell’Indice dei Libri proibiti). I protagonisti di quest’opera sono due: da un lato c’è un eretico anabattista dai mille nomi e dai mille volti, che, nonostante le tante sconfitte e la disillusione che cresce con il passare degli anni, continua la sua lotta a fianco degli umili e degli oppressi contro ogni forma di potere costituito, dal papato ai principi e vescovi tedeschi, dai grandi banchieri alle varie inquisizioni; dall’altra c’è Q, iniziale di Qoelet, l’Ecclesiaste, ripreso dal titolo di un testo contenuto nella Bibbia Cristiana ed Ebraica, una spia al soldo del futuro papa Giampietro Carafa, in grado di incunearsi in modo mirabile tra le file dei ribelli per portarli ogni volta alla sconfitta; entrambi attraversano quarant’anni di lotte non solo religiose ma anche sociali e politiche, dalla battaglia dei contadini guidati da Thomas Muntzer a Frankhenausen al periodo dell’Inquisizione in Italia, passando per il “regno” Anabattista di Munster e la città “degli spiriti liberi” di Anversa.
Entrambi sono testimoni di un’epoca che ha sconvolto la storia dell’Europa, e incarnano lo scontro modernissimo tra un potere che, seppur destabilizzando, deve riportare alla stabilità e all’ordine, e una ribellione sempre sconfitta ma che comunque deve essere sempre riproposta: “una sconfitta non rende meno giusta una causa”, dirà ad un certo punto l’autore. Sono tantissimi i motivi per cui vale la pena di leggere questo libro, a partire innanzitutto dagli splendidi affreschi che gli autori ci offrono della società e del clima dell’epoca (dimostrando, in questo senso, una grande conoscenza degli avvenimenti realmente accaduti che sono citati e descritti nell’opera), ma anche la straordinaria freschezza nella scrittura che rendono avvincente questo romanzo, grazie anche alla scelta degli autori di utilizzare un fraseggio breve, acuto e dirompente. Concludendo, si può osservare come siano molto acute e penetranti anche le allegorie presenti nel libro: è inutile negare, infatti, come la città di Munster conquistata dagli Anabattisti rappresenti il socialismo reale, con il comunismo dei beni e l’uguaglianza di tutti e tutte, ma anche con le sue terribili degenerazioni; chiaro, inoltre, come il periodo dell’inquisizione possa essere assimilabile alla situazione europea dopo lo spegnersi dei movimenti di protesta nati con il Sessantotto e attivi negli anni settanta. Quel che la controriforma fu per le chiese radicali e rivoluzionarie del primo Cinquecento, il reaganismo, il neoliberismo e il pensiero neoconservatore sono stati per i movimenti nati tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70 (per questo gli stessi autori hanno descritto il romanzo come un "manuale di sopravvivenza"). Insomma, potrei dire tantissime altre cose, ma mi fermo qua, nella speranza di aver sollecitato la vostra curiosità.





giovedì 7 febbraio 2013

L'OROSCOPO DI FEBBRAIO


Ariete
Vi attende un mese piuttosto energico, ottimo per chiarirvi le idee e concretizzare gli obbiettivi . Se cercate lavoro è il momento giusto per bussare a qualche porta.
Le coppie supereranno i momenti difficili e ritroveranno la voglia di condividere nuove esperienze.
I single potrebbero veder tornare un amore lontano. 

Toro
State sperimentando nuove strade: questo vi porterà a vivere una fase di incertezza e una non semplice ma necessaria pulizia interiore. Rimanete calmi e non fate scelte impulsive. L’amore soffre un po’ di questo clima interiore; alcune coppie potrebbero interrogarsi sulla vera natura dei propri sentimenti. I single vivranno serate intense con gli amici e flirt disimpegnati. 


Gemelli
La seconda parte del mese sarà impegnativa rispetto alla prima. Sul lavoro troverete nuovi stimoli che sapranno motivarvi e dare nuovo ritmo. Se siete stufi di quello che state facendo è il momento giusto per programmare un cambiamento; favoriti soprattutto coloro che hanno voglia di muoversi e di viaggiare.
L’amore è rilassato, solo lo stress del lavoro potrebbe creare qualche tensione all’interno delle coppie stabili facendovi sentire tentati dalle avventure. Per i single è un mese perfetto per soddisfare curiosità e sperimentare. 


Cancro
Si placano i tumulti interiori. Arrivano ottime notizie dal settore lavorativo; puntate su viaggi e nuovi contatti per concretizzare quei progetti che da un po’ avete in mente.
Per chi nutre sentimenti sinceri è un buon momento anche per progettare cose importanti col partner: matrimoni, convivenze, persino un figlio. Chi ha chiuso da poco una storia potrebbe avere dei ripensamenti o vedere il ritorno di una vecchia fiamma. 

Leone
Ancora tensioni e incertezze, anche se in questo momento non dipendono da voi. Anche economicamente il periodo non vi sorride, ma nel lavoro qualcosa inizia a sbloccarsi, dovrete solo avere pazienza. L’amore è un po’ noioso; vi sentite un po’ distaccati e freddi.
Il partner potrebbe sentirsi un po’ trascurato. I sigle troppo critici ed esigenti vivranno un mese un po’ freddino. 

Vergine
Sarete un po’ confusi e questo potrebbe rendervi anche nervosi. Cercate di non restare indietro col lavoro perché ci saranno un po’ di imprevisti che andranno affrontati con calma. Non è un buon momento per prendere decisioni importanti, piuttosto analizzate la situazione e chiedetevi cosa veramente desiderate. Anche l’amore non vi dà tregua: le coppie in crisi potrebbero scoppiare definitivamente. I single potrebbero vivere avventure passeggere. 


Bilancia
Dopo un periodo faticoso è in arrivo un mese fantastico. Il lavoro offre nuove opportunità a chi saprà rimboccarsi le maniche e per chi ha un’attività a contatto con il pubblico.
In amore sono possibili riconciliazioni. I single potrebbero fare incontri interessanti destinati a trasformarsi in qualcosa di importante. 

Scorpione
Momenti di conflitto col mondo, ma le cose stanno migliorando. L’energia e l’impegno che avrete sul lavoro vi ripagheranno con ottimi risultati facendovi dimenticare le fatiche. Purtroppo sarà l’amore a risentire di questo ritrovato slancio lavorativo ma se sarete in grado di spiegare al partner la situazione. Non dovrebbero esserci grossi fastidi. I single hanno molto fascino e godranno di una movimentata vita sociale. 

Sagittario
Mese non facile: dovrete affrontare qualche incertezza e schivare numerose insidie. Il lavoro non gira come vorreste ma dovete mantenere la calma; non sempre la soluzione più veloce si dimostra azzeccata. Sono sconsigliati i cambiamenti importanti. Le coppie consolidate vivono una fase stabile, mentre chi discute con un ex dovrà fare attenzione a non prendere decisioni impulsive che potrebbero ritornargli contro.

Capricorno
State facendo chiarezza sia dentro che fuori di voi. Il periodo si presenta ottimo per fare scelte e cambiamenti. Nel lavoro migliora il vostro umore e questo si ripercuote felicemente nel rapporto con i colleghi; è un buon momento anche per chiudere affari o chiarire malintesi. Per chi è in coppia è possibile qualche scappatella mentre i single faranno nuovi incontri frequentando ambienti diversi dai soliti. 


Acquario
State vivendo intense trasformazioni interiori che vi torneranno utili nei mesi a venire.
E’ il momento di rivedere un po’ la situazione; sono possibili novità lavorative favorite dagli spostamenti e da nuovi contatti. Dovete selezionare i mezzi più adatti per raggiungere i vostri obbiettivi: iniziate eliminando il superfluo. Le coppie in crisi torneranno a sorridersi. Chi ha una storia stabile può pensare di fare progetti a lungo termine. Per i single aumentano le possibilità di fare nuovi incontri. Anche gli amici troveranno in voi un’ottima spalla nei momenti difficili. 

Pesci
Siete avvolti da un’atmosfera creativa e frizzante. Il lavoro vi dà nuove chance anche se economicamente i risultati non saranno immediati. Siete sulla giusta strada. Chi cerca lavoro potrebbe ricevere delle proposte; questa volta fidatevi del vostro istinto. L’amore ha vissuto una fase un po’ litigiosa e stancante ma ora le tensioni si stanno calmando e assisterete ad una rinascita della vostra relazione. I single hanno ottime possibilità di fare incontri importanti e anche i più restii ad impegnarsi potrebbero cambiare idea. 












lunedì 4 febbraio 2013

Leggendone: Miles Davis - Autobiografia di una Leggenda


Iniziare questo articolo dicendo che sarebbe riservato agli appassionati di jazz sarebbe un affermazione sbagliata, ignorante e storicamente falsa. Miles Davis nell'immaginario della maggior parte delle persone, riporta alla mente le melodie di pezzi come “So What” o “Blue in Green”, pilastri del patrimonio jazzistico afroamericano, e non troverei (quasi) nulla da dire riguardo ad un associazione di idee del genere. Ma una considerazione è assolutamente da fare: il genio di Davis non può essere chiuso e costretto nel termine “jazzista”. Miles Davis ha trasformato sei o sette volte il modo di comporre, concepire e ascoltare la musica. Deve essere considerato un pioniere della musica in generale. La sua propensione all'innovazione, il fatto che accettasse di cambiare la vecchia strada “agiata” per buttarsi senza remore e pregiudizi su stili, generi e modi di suonare la musica, ne hanno fatto una vera e propria leggenda. 
La sua evoluzione sta nella sua discografia infinita, e tramite l'ascolto di un bel po' di album chiave della sua carriera si scorge chiaramente il suo desiderio innovativo. Ma se un ascoltatore e appassionato di musica vuole provare a entrare più profondamente nel mondo di Davis, capire veramente le ragioni che lo portarono a buttarsi in nuovi esperimenti sonori, può rifugiarsi in una lettura che definire obbligatoria per un patito di musica sarebbe un eufemismo. Miles Davis – L'Autobiografia”, più che un libro (per me) è una bibbia musicale. Scritto in collaborazione con il poeta e scrittore Quincy Troupe un paio d'anni prima della morte di Davis, questo libro racconta la vita del musicista usando il suo caratteristico linguaggio scurrile, mai edulcorato, tentando cioè di restare il più fedele possibile al modo di esprimersi del “Principe delle Tenebre”. Era già stata effettuata una traduzione per la prima edizione italiana, ma essa non rendeva giustizia all'originale, che così è stato ritradotto con risultati più che soddisfacenti.
Il libro racconta il viaggio straordinario di Davis attraverso gli universi musicali che ha voluto esplorare e viene condito con una serie di aneddoti che non fanno che renderlo ancora più interessante. Nella prima parte del libro si può leggere del giovane trombettista che va a cerare fortuna a New York. Il suo intento è quello di diventare un musicista professionista iscrivendosi alla famosa Juilliard School of Music, ma arrivato a destinazione si accorge di trovarsi nel bel mezzo della rivoluzione del be-bop e che la sola università della musica che si può frequentare è quella della strada e delle infinite jam di improvvisazione che si tengono nei locali. Questa è la parte che più preferisco del libro. Gli aneddoti che parlano di Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Thelonius Monk e tutti i grandi che hanno contribuito a quella rivoluzione sono impagabili. In egual modo lo sono le spiegazioni che Davis offre per quanto riguarda le famose scelte musicali che lo hanno accompagnato nel corso della sua carriera. 
Per farla breve, la lettura del libro si trasforma in un colloquio con il grande musicista, una sorta di nonno incazzoso che ti spiega perché ha fatto quello in quel modo e perché alla fine LUI aveva ragione e gli ALTRI avevano torto. Gli altri sono i critici, che non riuscivano a trovare un senso nei cambiamenti stilistici e lo attaccavano duramente (la storia ha poi dato ragione a Davis) e l'industria discografica che continuava ad appoggiare dei “replicanti bianchi” invece di dare maggior risalto agli artisti di colore che avevano dato il La a questo o a quel tipo di musica. Il libro prosegue toccando altri grandi momenti come l'epoca della sua band con Tony Williams, Ron Carter e compagnia bella, o come quando sconvolse il mondo registrando “Bicthes Brew”, considerato da molti esperti l'apripista per la fusion.
Più vado avanti a scrivere più mi viene da buttare giù aneddoti e concetti letti in questa grande opera e non volendo spoilerare niente a nessuno è meglio che mi fermi qui. Ma prima di chiudere vi do un ultimo consiglio: se dopo aver letto questa enciclopedia musicale non avete ancora soddisfatto la vostra fame vi consiglio un altro libro: “Io & Miles Davis”. Si tratta di un libro scritto proprio dallo stesso Quincy Troupe, che parla proprio di lui e di Miles. Diviso in parti, nella prima racconta l'esperienza della conoscenza con Davis, descrivendone l'uomo, le debolezze, il suo carattere impossibile, o quasi, da sopportare. Nella seconda, racconta come Miles Davis sia diventato per lui un mito, ripercorrendo la sua vita e scandendola con gli album del trombettista. Nella terza racconta la fine dell'uomo che ha cambiato il volto della musica.
Se dopo questa lettura siete ancora vogliosi di apprendere e assorbire non vi resta altro che buttarvi nella sterminata discografia che Miles Davis ci ha lasciato. Non c'è metodo migliore per carpire l'essenza del “Principe delle Tenebre”.