lunedì 4 febbraio 2013

Leggendone: Miles Davis - Autobiografia di una Leggenda


Iniziare questo articolo dicendo che sarebbe riservato agli appassionati di jazz sarebbe un affermazione sbagliata, ignorante e storicamente falsa. Miles Davis nell'immaginario della maggior parte delle persone, riporta alla mente le melodie di pezzi come “So What” o “Blue in Green”, pilastri del patrimonio jazzistico afroamericano, e non troverei (quasi) nulla da dire riguardo ad un associazione di idee del genere. Ma una considerazione è assolutamente da fare: il genio di Davis non può essere chiuso e costretto nel termine “jazzista”. Miles Davis ha trasformato sei o sette volte il modo di comporre, concepire e ascoltare la musica. Deve essere considerato un pioniere della musica in generale. La sua propensione all'innovazione, il fatto che accettasse di cambiare la vecchia strada “agiata” per buttarsi senza remore e pregiudizi su stili, generi e modi di suonare la musica, ne hanno fatto una vera e propria leggenda. 
La sua evoluzione sta nella sua discografia infinita, e tramite l'ascolto di un bel po' di album chiave della sua carriera si scorge chiaramente il suo desiderio innovativo. Ma se un ascoltatore e appassionato di musica vuole provare a entrare più profondamente nel mondo di Davis, capire veramente le ragioni che lo portarono a buttarsi in nuovi esperimenti sonori, può rifugiarsi in una lettura che definire obbligatoria per un patito di musica sarebbe un eufemismo. Miles Davis – L'Autobiografia”, più che un libro (per me) è una bibbia musicale. Scritto in collaborazione con il poeta e scrittore Quincy Troupe un paio d'anni prima della morte di Davis, questo libro racconta la vita del musicista usando il suo caratteristico linguaggio scurrile, mai edulcorato, tentando cioè di restare il più fedele possibile al modo di esprimersi del “Principe delle Tenebre”. Era già stata effettuata una traduzione per la prima edizione italiana, ma essa non rendeva giustizia all'originale, che così è stato ritradotto con risultati più che soddisfacenti.
Il libro racconta il viaggio straordinario di Davis attraverso gli universi musicali che ha voluto esplorare e viene condito con una serie di aneddoti che non fanno che renderlo ancora più interessante. Nella prima parte del libro si può leggere del giovane trombettista che va a cerare fortuna a New York. Il suo intento è quello di diventare un musicista professionista iscrivendosi alla famosa Juilliard School of Music, ma arrivato a destinazione si accorge di trovarsi nel bel mezzo della rivoluzione del be-bop e che la sola università della musica che si può frequentare è quella della strada e delle infinite jam di improvvisazione che si tengono nei locali. Questa è la parte che più preferisco del libro. Gli aneddoti che parlano di Charlie Parker, Dizzy Gillespie, Thelonius Monk e tutti i grandi che hanno contribuito a quella rivoluzione sono impagabili. In egual modo lo sono le spiegazioni che Davis offre per quanto riguarda le famose scelte musicali che lo hanno accompagnato nel corso della sua carriera. 
Per farla breve, la lettura del libro si trasforma in un colloquio con il grande musicista, una sorta di nonno incazzoso che ti spiega perché ha fatto quello in quel modo e perché alla fine LUI aveva ragione e gli ALTRI avevano torto. Gli altri sono i critici, che non riuscivano a trovare un senso nei cambiamenti stilistici e lo attaccavano duramente (la storia ha poi dato ragione a Davis) e l'industria discografica che continuava ad appoggiare dei “replicanti bianchi” invece di dare maggior risalto agli artisti di colore che avevano dato il La a questo o a quel tipo di musica. Il libro prosegue toccando altri grandi momenti come l'epoca della sua band con Tony Williams, Ron Carter e compagnia bella, o come quando sconvolse il mondo registrando “Bicthes Brew”, considerato da molti esperti l'apripista per la fusion.
Più vado avanti a scrivere più mi viene da buttare giù aneddoti e concetti letti in questa grande opera e non volendo spoilerare niente a nessuno è meglio che mi fermi qui. Ma prima di chiudere vi do un ultimo consiglio: se dopo aver letto questa enciclopedia musicale non avete ancora soddisfatto la vostra fame vi consiglio un altro libro: “Io & Miles Davis”. Si tratta di un libro scritto proprio dallo stesso Quincy Troupe, che parla proprio di lui e di Miles. Diviso in parti, nella prima racconta l'esperienza della conoscenza con Davis, descrivendone l'uomo, le debolezze, il suo carattere impossibile, o quasi, da sopportare. Nella seconda, racconta come Miles Davis sia diventato per lui un mito, ripercorrendo la sua vita e scandendola con gli album del trombettista. Nella terza racconta la fine dell'uomo che ha cambiato il volto della musica.
Se dopo questa lettura siete ancora vogliosi di apprendere e assorbire non vi resta altro che buttarvi nella sterminata discografia che Miles Davis ci ha lasciato. Non c'è metodo migliore per carpire l'essenza del “Principe delle Tenebre”. 






3 commenti:

Anonimo ha detto...

Scalla (sia il libro - che lessi tempo fa) che la recensione. Anche la mia parte preferita è la prima... tipo quando racconta (vado a memoria) delle notti passate sul piano a studiare con Monk, arrivando al punto di stabilire la tonalità in cui cigolava la porta! :D - Jaime

Manuelito ha detto...

Grazie amico!
Sarà uno di quei libri che leggerò una volta all'anno tanto per non dimenticarmi nulla!

Ale ha detto...

Quando me lo passi?Anche se non sono un'esperta di musica sono comunque curiosa di leggerlo. :)