lunedì 29 ottobre 2012

LEGGENDONE: I Miserabili


Finalmente ho finito la lettura de "I Miserabili"di Victor Hugo scritto nel 1862. 
È stata un'impresa, ma solo per la sua lunghezza (sono ben 1660 pagine), non sicuramente per il suo contenuto. 
Leggerlo prende sicuramente un bel po' di tempo, ma una volta che si arriva alla fine, ci si rattrista ad abbandonare le imprese di Jean Valjean (o Giovanni Valjean, a seconda della traduzione). 
"I Miserabili" è un libro poliedrico, dalle mille sfaccettature, si passa dall'azione della rivoluzione, a un'innocente e pura storia d'amore, per poi passare alla filosofia, alla politica, insomma accontenta più o meno tutti i gusti! 
Fondamentalmente è un romanzo storico, ambientato nella Parigi post Restaurazione e abbraccia un periodo di circa 20 anni, con alcune digressioni alle vicende della Rivoluzione francese, alla battaglia di Waterloo, e alla monarchia di Luglio, eventi che aiutano il lettore a capire il pensiero politico dei personaggi. 

A proposito di questi ultimi, come dice il titolo stesso, sono dei Miserabili, provengono dalla bassa, bassissima società: Lo stesso Valjean è un ex-forzato che durante il suo cammino redime la sua anima; percorrerà la sua intera vita su questa strada, cercando di reprimere il suo istinto "malvagio". Incontriamo poi prostitute dall'animo nobile; famiglie di delinquenti; giovani rivoluzionari; fanciulle.. e mi fermo qua perché l'elenco sarebbe piuttosto lungo e probabilmente noioso. 
Tutti i personaggi percorrono le stesse strade Parigine incrociandosi come dei semplici passanti ma inconsapevoli del fatto che le loro vite, in un modo o nell'altro, si incontreranno. 
Hugo racconta i suoi personaggi a 360°, rendendo impossibile per il lettore provare indifferenza per anche uno di loro: sarà immediato provare tenerezza, commozione,ammirazione per alcuni di questi protagonisti, altri invece verranno odiati e disprezzati. D'altronde sono talmente tanti i personaggi che risulta abbastanza semplice provare una miriade di sentimenti contrastanti. 


Quando leggo un bel libro, penso sempre a come potrebbe essere la sua riproduzione in film, e de "I Miserabili" ci sono state diverse trasposizioni. Tra tutte ho scelto (anche per motivi forzati, non avendo trovato nient'altro) di guardarmi il film diretto da Bille August, del 1998. 
Il cast mi sembrava convincente, Liam Neeson nella parte di Jean Valjean, Caire Danes nella parte di Cosette, Uma Thurman in quella di Fantine, insomma un cast di tutto rispetto, che lasciava i presupposti piuttosto positivi. 
Beh, se un minimo vi è piaciuto il libro, fate una cosa: non guardate mai questo film! 
La prima parte, che tratta dell'infanzia di Fantine, l'ho trovata complessivamente buona. Ma una volta superato questo, la trama viene rivisitata per far rientrare un librone di tali dimensioni, in un film dalla durata di 2 ore, il che è un impresa, secondo me, impossibile. 
Sono stati tagliati personaggi, e di conseguenza eventi a loro attribuiti, dall'importanza fondamentale per la dinamica dell'intera storia. 
La bellezza di questo libro sta proprio (come detto precedentemente) nell'intreccio delle storie. Queste storie sono talmente "avvinghiate" l'una con l'altra che, eliminando anche solo una di esse, si perde il significato della vicenda e del profondo messaggio che Hugo ha trasmesso nelle pagine del libro. 
I personaggi presenti nel film, vengono trattati con grandissima superficialità, tanto da non provare per nessuno di loro alcun tipo di sensazione, il che rende tutto molto arido e finto. 
L'unica nota positiva l'ho trovata nelle ambientazioni. È bello vedere riprodotte in un film gli scenari che avevi immaginato leggendo il libro; ma di questo, sinceramente, do il merito alla scrittura del libro, talmente dettagliata da essere quasi inevitabile pensare a determinati paesaggi e luoghi. 

Lo so, forse sono un po' troppo cattiva rispetto a questa trasposizione, ma purtroppo non posso fare altrimenti, mi ha decisamente delusa. 
Non so come siano gli altri film, e probabilmente, per paura di ricevere un ulteriore delusione, lascerò i ricordi del libro da soli con la mia immaginazione.



giovedì 25 ottobre 2012

Altrove: Amsterdam



La capitale europea che oggi vi consiglio come prossima meta di viaggio è la stupenda Amsterdam.
Nonostante abbia visitato la città già due volte, una in pieno inverno, proprio nel periodo pre-natalizio, e una a fine giugno, non so tuttavia quale periodo migliore consigliarvi per una vacanza in questa favolosa città. Se da un lato l’estate può regalare un clima favorevole, con giornate lunghe e soleggiate e dunque con la possibilità di muoversi a piedi o di affittare una delle 600 mila biciclette circolanti per la città, è anche vero che l’inverno, con le sue gelide giornate, vi permetterà di poter di gustare al meglio l’ottima cioccolata calda servita negli innumerevoli coffee-shop della città, e, nella migliore delle ipotesi, tazza in mano, vi troverete incantati ad ammirare i fiocchi di neve cadere dal cielo grigio.
Amsterdam va oltre tutto quello che si possa immaginare. E’ una città galleggiante, che si snoda tra 165 canali e 1281 ponti; raccoglie in poco spazio 740000 abitanti ma resta tuttavia una città silenziosa, tranquilla, pulita e molto poco caotica. Dimenticate il traffico selvaggio a cui siete abituati e lo stress della vita quotidiana; le macchine in circolazione sono davvero poche e quasi tutti si muovono con i mezzi pubblici o in bici. Avrete la sensazione di trovarvi in un grande villaggio: Amsterdam è una città poliglotta e multirazziale, è anche legalizzata la prostituzione, la vendita di droghe leggere, l’eutanasia e il matrimonio tra i gay. Una città da sogno in poche parole!
Per una vacanza veramente indimenticabile sono pochi i consigli che mi sento di darvi; la città e il suo fascino infatti vi ammalieranno dal primo istante. Ecco giusto alcuni suggerimenti per rendere il vostro soggiorno ancora più particolare e senza paragoni. Come già detto, Amsterdam è una città costruita sui canali: le case galleggianti sono circa 2500 e c’è chi fortunatamente ne affitta le camere ai turisti. Vi posso assicurare che alloggiare su un battello piuttosto che nei soliti hotel farà della vostra vacanza qualcosa di ancora più suggestivo e particolare. I mulini a vento e i 63 ponti levatoi fanno spesso da cornice al paesaggio; non serve andare a cercarli, basta camminare e guardarsi intorno e talvolta è anche possibile fare colazione all’ombra delle pale di un mulino. Tra le cose da non perdere inoltre, sono sicuramente da visitare la Casa di Anna Frank (un’esperienza emozionante e allo stesso tempo agghiacciante), il mercato dei fiori, dove resterete colpiti non solo dai colori e dai profumi ma anche dalle centinaia di tipologie diverse di piante, garofani e tulipani,il quartiere a luci rosse, con le sue famose “vetrine”e gli affollati smart e coffee shop, e il Van Gogh Museum, a cui però dovrete dedicare almeno l’intera giornata.
Che altro dire se non BUON VIAGGIO!!!








lunedì 22 ottobre 2012

UOLCMEN: Playlist n° 4:no angry no party

Ah! Oggi proprio non è giornata! 
Quante volte avete pensato questa frase? Io, a causa della mia goffaggine e della nuvoletta di Fantozzi che mi perseguita, quasi ogni giorno. Non penso di essere l'unica, anzi, immagino che molti di voi abbiano sempre desiderato sfoggiare una perfetta playlist al vetriolo per i momenti di rabbia e disperazione. 
Lo so, chi mi conosce avrà già capito che in realtà è tutta una scusa per parlare della mia amata “Musica a pius longus” (traduzione: musica dai capelli lunghi), ma non solo (leggete alla Voyager): la mia idea è anche quella di darvi dei suggerimenti riguardanti il lato più incazzoso della musica, sempre strettamente personali. Insomma, mi piace rendervi partecipi dei fatti miei, mettiamola così. 
Tra classici e moderni abbiamo un bel po' di canzoni nel calderone, ma ne ho selezionato dieci, quelle che più di frequente accompagnano le mie imprecazioni. 
Le cose vanno più o meno così. 
Ti svegli e sembra una giornata normale, ma ecco arrivare all'improvviso il primo inconveniente qualsiasi; indi la tua mente inizia a pensare con la voce di Phil Anselmo, e quale canzone è più appropriata di “5 minutes alone” dei Pantera per esprimere l'inizio del malcontento? Nessuna, lo so. 
Ma non finisce qui, le cose non possono migliorare (è una giornata no, ricordate), la mattinata prosegue con un'evoluzione di brutalità, passando prima per “Slave New World” dei Sepultura e poi per “Serenity in Murder” degli Slayer. La prima è un classico, la seconda un po' meno, ma rendono bene l'idea del momento carico di pathos che si sta delineando. 
A un certo punto la fame si unisce al precedente disagio (è quasi ora di pranzo), per cui si arriva al momento clou della giornata, rappresentato da “Concatenation” dei Meshuggah. 

Tipica espressione da incazzo di Phil Anselmo!
Bene, ora ci possiamo rilassare un pochino, il peggio è passato. Dal pranzo in poi l'emozione rimarrà quella di costante fastidio perché ormai l'inizio è stato tragico, perciò il resto della giornata risulta altamente compromesso. Deceleriamo. “Bury me in Smoke” dei Down è un'ottima frenata, ma la velocità rimane costante e l'umore rimane su di giri. Se parliamo di velocità costante, allora restiamo in questo limbo di media brutalità! Inserisco “No Love Lost” dei Carcass con un ritmo assassino; “Clayman” degli In Flames, che mi ha fatto compagnia tante volte nelle sfuriate degli anni del liceo; “Violent Revolution” dei Kreator, una bomba di canzone, a dir poco perfetta sia tecnicamente che emozionalmente, fortissimi. Questi tre classici hanno una loro raison d'être a prescindere da questo contesto, ma trovo che ascoltarli con una punta di rabbia li renda più appetibili. Prima di concludere vorrei inserire una canzone che è entrata sotto la nube della sfortuna da poco tempo, ovvero “The Rise of Denial” dei Paradise Lost, che ci sta a pennello nei momenti di sconforto nero, ma proprio nero. 
Bene, siamo giunti alla fine, l'unico modo di concludere in maniera coerente questa giornata pessima è con una canzone che non c'entra una beneamata mazza col resto, sto parlando di “Feuer Frei!” dei Rammstein, che non è solo adrenalina pura, ma ha un vantaggio che le precedenti canzoni non hanno: è in tedesco, la lingua dell'incazzo per eccellenza! 
Provate a dire una qualunque parola scurrile prima in italiano e poi in tedesco, vi assicuro che non imprecherete più in italiano. 
Ach du Schreck! E ho detto solo acciderba! Alla prossima






lunedì 15 ottobre 2012

Leggendone: Lotta di Classe


"Chi ha detto che il tempo è denaro? Un filosofo, un banchiere o un orologiaio? Perché se è vero che il tempo è denaro, il nostro tempo deve essere denaro di qualcun altro...” 



Il primo libro di cui vorrei consigliarvi la lettura si intitola “Lotta di classe” di Ascanio Celestini, edito da Einaudi nel 2009. Il libro rappresenta l’ultimo atto di un lungo lavoro di indagine e ricerca sociale che Celestini compie tra i lavoratori di uno dei call center più grandi d’Italia, l’Atesia, che si trova nella zona di Cinecittà a Roma. Questo call center può essere considerato come uno dei nuovi luoghi simbolo del lavoro precario e atipico in Italia, così come le fabbriche della Fiat divennero il simbolo del lavoro subordinato e alienante durante l’epoca fordista. Infatti l’Atesia, mentre da un lato ha registrato da quando esiste una crescita costante per dimensioni e fatturato (solo nel 2004 ha prodotto un giro d’affari per 4.300 milioni di euro), dall’altro lato ha ottenuto questo successo anche grazie al massiccio utilizzo di forme contrattuali flessibili che sono devastanti per i lavoratori, i famigerati contratti a progetto. A causa di questi contratti i lavoratori sono infatti costretti a ricevere contributi inferiori al 20% della retribuzione, pagati in parte dal netto del lavoratore, e non hanno nessuna garanzia su ferie, maternità e malattia. Nel 2005 per cercare di migliorare questa situazione i lavoratori si riunirono e crearono il collettivo precariAtesia, ottenendo un anno dopo l’arrivo dei giudici provinciali del lavoro per un’ispezione che decretò l’incompatibilità del contratto a progetto con il lavoro nei call-center, e l’obbligo di immediata conversione dei rapporti di collaborazione in contratti di lavoro a tempo indeterminato. Tutto ciò significò per i lavoratori non solo stabilità, ma anche una retribuzione in media superiore almeno al 30% di quella di un Co.Co.Pro., ed inoltre il diritto al rimborso di tutto il pregresso sia in termini contributivi che retributivi. Proprio quando sembrò che tutto si stesse risolvendo per il meglio intervenne il governo di Centro-Sinistra, che con l’art.78 della finanziaria 2007 diede facoltà alle aziende di proporre ai dipendenti l’assunzione a tempo indeterminato, con un contratto adeguato alle mansioni esplicate, in cambio della firma di un atto conciliativo, con cui il lavoratore rinuncia a rivalersi legalmente sul passato in termini “retributivi, contributivi e risarcitori”. I lavoratori vennero dunque stabilizzati, ma costretti a lavorare part-time e non full-time per 550 euro al mese, e in più ad Atesia si ri-iniziò a lavorare a progetto. Inoltre, i lavoratori del Collettivo furono denunciati per manifestazioni non autorizzate e non riassunti dall’azienda. 
Ascanio Celestini incontra per la prima volta questi lavoratori nel Maggio 2005, e inizia ad ascoltare le storie che ognuno di loro ha da raccontare; storie non solo di lavoro precario ma anche di vita precaria. Ne nascono nel corso degli anni uno spettacolo teatrale, “Appunti per un film sulla lotta di classe”, in cui l’autore sceglie di non affrontare direttamente la vicenda, ma di inventare delle storie che avevano come sfondo comune il tema del precariato; un documentario-inchiesta, “Parole sante”, i cui protagonisti sono i racconti degli stessi lavoratori del call center Atesia; un disco, in cui vengono incise tutte le musiche utilizzate nello spettacolo; infine il libro “Lotta di classe”. 
Anche il libro non affronta direttamente la vicenda, ma la si trova sullo sfondo delle quattro storie presenti, che ci vengono raccontate dagli stessi diretti protagonisti. La prima storia è quella di Salvatore, il personaggio forse più positivo, che studia per sfuggire alla precarietà che ha già attanagliato suo fratello; la seconda storia è quella di Marinella, lavoratrice in un call center che riesce a fare carriera dentro l’azienda ma ne viene poi stritolata perché non è in grado di seguirne le regole; la terza è quella di Nicola, anche lui lavoratore del call center che passa la sua vita a cronometrare il tempo in due e minuti e quaranta secondi, la durata massima che deve avere una chiamata perché il lavoratore possa ottenere il salario massimo (85 centesimi); infine la storia della signorina Patrizia, costretta a fare dieci lavori tutti precari, e con il pensiero che ci vogliano altre nove Patrizie per correre dietro a tutti questi lavori. Oltre a queste quattro storie, Celestini, attraverso una struttura narrativa fatta di intrecci e digressioni, inserisce altre piccole storie di gente comune e popolare, di cui racconta in maniera lucida e disicantata vizi e debolezze. Queste storie ci vengono raccontate con uno stile spiazzante e poetico, quasi lirico in alcuni passaggi, permettendoci di cogliere con immediatezza l’assurdità di una vita dominata da una precarietà che non è solo lavorativa ma abbraccia ormai ogni aspetto della nostra vita. Un libro che Celestini scrive con la speranza che le persone possano prendere consapevolezza della loro condizione precaria, che ci costringere a vivere come Marinella che “piscia in corsa come i ciclisti al giro d’Italia”, o come Nicola, che lavora sentendo perennemente il ticchettio di una “bomba ad orologeria” che rischia di esplodere ogni tre mesi. Una condizione assurda e umiliante, da cui è possibile uscire solo ri-iniziando una “lotta di classe”.




giovedì 11 ottobre 2012

Leggendone: Il Libro degli Area



All'alba degli anni settanta, in Italia, ebbe luogo un fenomeno musicale irripetibile nel suo genere. La scena musicale italiana era invasa da coverband che, con molto poco sforzo creativo, riducevano il loro lavoro artistico al copiare le melodie dei grandi successi provenienti dall'Inghilterra, scrivere un testo, possibilmente senza grandi pretese, e via che si vende. Solo alcuni facevano eccezione e cercavano di offrire un prodotto originale. Nel luglio del '72 qualcosa cambiò. 
Un gruppo di supermusicisti, tra cui alcuni membri della PFM, Ellade Bandini, Vince Tempera ect, si ritrovarono negli studi di registrazione della RCA Italiana a Roma per registrare il lavoro di Alberto Radius , intitolato appunto “Radius”. Per seconda traccia del lato B fu registrata una composizione di Radius chiamata “Area”, e tra i musicisti che la suonarono troviamo: Demetrio Stratos all'organo, Giulio Capiozzo alla Batteria, Patrick Djivas al basso, Johnny Lambizi alla chitarra e Gaetano Leandro al sax tenore. Da quella sessione romana nelle menti di Capiozzo e Stratos cominciò a delinearsi l'idea di poter creare qualcosa di artisticamente appagante. Con l'aggiunta di Eddie Busnello al Sax si formò così il gruppo “Area”. Gli avvicendamenti che susseguirono furono rapidi e senza poche conseguenze. Prima di incidere il loro primo lavoro, nel '73, la formazione era già rivoluzionata. Arrivò Paolo Tofani alla chitarra e uscirono Lambizi e Leandro, ma soprattutto incontrarono Gianni Sassi e Sergio Albergoni, due personaggi di spicco dell'ambiente culturale milanese. Questi ultimi, insieme a Franco Mamone, fondarono la Cramps. La Cramps non era una semplice etichetta o casa di produzione. Fu fondata sostanzialmente per accogliere musicisti votati alla ricerca artistica e attorno ad essa ruotavano manifestazioni culturali di ogni genere. Alla Cramps venivano curati quasi tutti gli aspetti dei dischi degli “Area”, dalla pubblicità alle copertine, agli show live. 
Questo è il prologo di un viaggio durato una decina d'anni, e che ha sconvolto il panorama musicale italiano. Il libro di Domenico Coduto “Il libro degli Area”, mette in relazione tutti gli eventi che hanno circondato la nascita del fenomeno ‘Area’. L'incontro con Gianni Sassi, che per loro scriveva i testi con Albergoni, gli avvicendamenti nel gruppo, che portarono alle tastiere Patrizio Fariselli e Ares Tavolazzi al basso, l'influenza della situazione politica italiana ed estera nella musica degli Area, sono i punti focali sui cui cerca di basarsi lo scrittore per riuscire a far comprendere a pieno la portata del fenomeno Area. Infatti, gli Area furono un ciclone che passava e si nutriva di ciò che accadeva. Il libro spiega come la loro espressione artistica non si limitasse al solo atto dell'esecuzione. Gli Area cercavano una reazione. Sia da parte delle masse di acquirenti di album, sia dalle masse che li seguivano nei live. Un episodio significante/significativo fu quello dell'esecuzione di “Lobotomia”: tutte le luci venivano spente, e mente il pezzo suonava fragoroso potente, Stratos e Fariselli si divertivano a stuzzicare il pubblico con delle torce elettriche. Questi erano gli “Area” (che poi grazie a Sassi divennero Area - International POPular Group). Un gruppo certamente non convenzionale che è essenziale conoscere. Questa biografia è una buona lettura che cerca di far entrare il lettore nell'atmosfera che circondava e influenzava il gruppo. La buona analisi di alcuni testi aiuta ancora di più la comprensione di alcuni aspetti degli “Area” che risultano ermetici ,e forse affascinanti proprio per questo. In definitiva, Domenico Coduto dipinge un quadro completo che descrive il “Fenomeno Area” in tutte le sue sfaccettature, riuscendo a individuare tutte le sfumature di colore necessarie per raccontare nel giusto modo questa incredibile storia chiama “AREA”.



giovedì 4 ottobre 2012

EXTRAS: Oroscopo del mese di Ottobre

ARIETE
Le fatiche maggiori sono archiviate, i nuovi progetti decollano e danno grandi soddisfazioni
TORO
Siete nel vortice dell’amore forse il lavoro ne risentirà ma avrete tempo per recuperare
GEMELLI
Un po’ di difficoltà a gestire gli impegni e tenere tutto sotto controllo, se vi gira la testa concedetevi qualche pausa
CANCRO
Bisognerà lavorare sodo per mantenere i risultati ottenuti fino ad ora, l’aiuto di un amico risulterà fondamentale
LEONE
C’è un po’ di nervosismo che non aiuta le relazioni, provate a scaricarvi con lo sport
VERGINE
Siete pieni di energie il consiglio è quello di incanalarle nel lavoro o nello studio otterrete ottimi risultati
BILANCIA
Amore, salute e lavoro andranno alla grande, approfittatene per consolidare alcune relazioni
SCORPIONE
Siete come dei carri armati nessuno potrà mettersi tra voi e ciò che desiderate.
CAPRICORNO
Provate a riflettere meno e lasciarvi andare di più, quello che succederà vi sorprenderà positivamente
SAGITTARIO
Vi troverete di fronte ad un bivio entrambe le proposte saranno allettanti, ma non scartate la possibilità di un’alternativa.
ACQUARIO
Eccovi a fare i conti col passato, se ci metterete impegno avrete la vostra rivincita.
PESCI
Il lavoro è proprio una seccatura ma dovrete resistere ancora qualche mese poi andrà meglio.





lunedì 1 ottobre 2012

Leggendone: S'accabadora

Su “Accabadora” di Michela Murgia, vincitore del premio Campiello nel 2010, tanto è stato detto e tanto è stato scritto. 
Provo a dire la mia dopo averlo letto in brevissimo tempo: dal punto di vista “materiale” lo trovo un romanzo ben scritto, in cui è interessante come facciano capolino alcune parole in sardo che vivacizzano la scrittura senza farlo scadere nel folklore, neppure in quelle fasi in cui emerge la vita di paese e viene messa in risalto quella quotidiana sardità del secondo dopoguerra, fatta di gesti umili e sapienti come la cucitura o la vendemmia o la preparazione del pane e dei dolci tipici. 
Ma ciò che cattura il lettore e lo coinvolge emotivamente nella vicenda è la riflessione (obbligata) sull'eutanasia, le sue varie facce e il conflittuale rapporto che l'essere umano stabilisce con la morte. 
La discussa figura della “terminatrice” sarda ha avuto risalto recentemente grazie all'opera della Murgia (ma non solo, cito fra gli altri, l'albo intitolato proprio “Le terminatrici” del fumetto Dampyr, di Mauro Boselli), ma costituisce in realtà una figura presente in diverse culture fino a pochissimo tempo fa: la praticità delle società che basavano la propria vita sul lavoro nei campi o comunque su quello manuale faceva sì che un aiuto alla morte fosse qualcosa di naturale. 
È una questione sulla quale opere d'arte come il romanzo di Michela Murgia assumono una particolare importanza, in quanto fungono da stimolo: leggendo un libro del genere nessun lettore può rimanere indifferente. Mi ha (forse banalmente) riportato alla mente la prima volta che vidi “Mar adentro” di Alejandro Amenábar, con l'interpretazione straordinaria di Javier Bardem nel ruolo del paraplegico costretto per anni a letto da una lesione alla spina dorsale, ma con una mente lucidissima. Se mai ce ne fosse stato bisogno, quel giorno capì quanto dev'essere terribile la vita/non vita di un malato incurabile e capì soprattutto che ciò che porta una persona a una decisione terribile come quella di voler morire non è la paura o la debolezza, ma la consapevolezza.